Il mancato o ritardato pagamento delle retribuzioni mensili dei dipendenti da parte dei datori di lavoro corrisponde a un inadempimento di natura legale e contrattuale. Ciò può comportare conseguenze molto pesanti sotto diversi aspetti a carico del datore.
La retribuzione rappresenta il corrispettivo spettante al lavoratore subordinato a fronte della prestazione lavorativa svolta a favore del datore di lavoro nell’ambito dell’art. 2094 del c.c.
Il mancato pagamento della stessa comporta un inadempimento di un obbligo non solo di natura legale, ma anche di natura contrattuale, che comporta potenziali rischi in capo al datore di lavoro inadempiente.
Termini per il pagamento previsti dalla legge
La normativa in vigore, salvo alcuni aspetti particolari, non prevede una scadenza specifica per il pagamento delle retribuzioni da parte del datore di lavoro al lavoratore.
L’art. 2099, c.c., nello stabilire che la retribuzione può essere a tempo o a cottimo, prevede che deve essere corrisposta con le modalità e ne termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito.
L’art. 1 della legge n. 4/1953 prevede l’obbligo per i “datori di lavoro di consegnare, all’atto della corresponsione della retribuzione, ai lavoratori dipendenti, … un prospetto di paga in cui devono essere indicati il nome, il cognome e la qualifica professionale del lavoratore, il periodo cui la retribuzione si riferisce, gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che, comunque, compongono detta retribuzione, nonchè, distintamente, le singole trattenute”.
In realtà, una tempistica di pagamento trova la sua regolamentazione da parte della legge, anche se per la “sola” parte fiscale. Si tratta, in particolare, del cd. principio di cassa di cui all’art. 51 del TUIR, ai sensi del quale “Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono”.
In assenza di specifica tempistica per legge, spetta, quindi, alla contrattazione collettiva il compito di stabilire i termini di pagamento della retribuzione.
A titolo esemplificativo:
- il CCNL Commercio, all’art. 219 (prospetto paga), prevede che “La retribuzione corrisposta al lavoratore dovrà risultare da apposito prospetto paga nel quale dovrà essere specificato il periodo di lavoro a cui la retribuzione si riferisce, l’importo della retribuzione, la misura e l’importo dell’eventuale lavoro straordinario e di tutti gli altri elementi che concorrono a formare l’importo corrisposto nonché tutte le ritenute effettuate”.
- il CCNL Pubblici esercizi, all’art. 180 (Corresponsione della retribuzione), stabilisce che “La retribuzione sarà pagata al personale secondo le consuetudini locali ed in ogni caso non più tardi della fine del mese con una tolleranza massima di sei giorni” fermo restando che “Quando ragioni tecniche derivanti dalla centralizzazione dell’amministrazione lo impediscano, deve essere corrisposto entro il termine sopra indicato un acconto pari al novanta per cento della retribuzione presuntivamente dovuta con conguaglio nei dieci giorni successivi”.
Qualora il contratto collettivo non preveda tempistiche specifiche, le stesse potranno risultare da:
- accordi aziendali;
- prassi aziendale consolidata;
- contratto individuale.
A tal proposito, si ricorda che l’art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 104/2022, prevede l’obbligo da parte del datore di lavoro pubblico e privato di comunicare al lavoratore, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa, mediante la consegna al lavoratore del contratto individuale di lavoro redatto per iscritto ovvero della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro telematica, tra le altre informazioni, anche l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento.
Mancato o ritardato pagamento delle retribuzioni: conseguenze per il datore di lavoro
Il mancato o tardato pagamento delle retribuzioni ai propri lavoratori può esporre il datore di lavoro ad alcune criticità nei confronti dei lavoratori stessi ma anche degli enti ispettivi e le eventuali agevolazioni contributive.
Per quanto riguarda i rapporti con i propri lavoratori, sul piano civilistico, il lavoratore ha la possibilità di diffidare il proprio datore ad adempiere con contestuale messa in mora; in caso di esito infruttuoso di tale tentativo, si può procedere al deposito di decreto ingiuntivo pari all’importo del credito vantato.
In alternativa al decreto ingiuntivo, è possibile per il lavoratore adire il percorso amministrativo e specificatamente la diffida accertativa per crediti patrimoniali.
È inoltre da considerare che la reiterata mancata liquidazione della retribuzione è una delle fattispecie che, secondo un ormai pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale, rientra tra quelle poste alla base delle dimissioni per giusta causa, ai sensi dell’art. 2119, c.c.
Per effetto delle dimissioni per giusta causa, il lavoratore può recedere dal rapporto di lavoro senza dare preavviso, vedendosi nonostante ciò riconosciuta la relativa indennità sostitutiva, ed il trattamento di disoccupazione NASpI; per fare in modo che il lavoratore possa dimettersi per giusta causa, secondo la giurisprudenza e secondo l’INPS (circ. n. 163/2003), debbono ricorrere degli elementi, su tutti il fatto che l’inadempimento del datore di lavoro sia ascrivibile come grave e reiterato, andando, quindi, a ledere il principio inderogabile della solidarietà sociale (oggetto appunto di tutela); reiterazione nella corresponsione della retribuzione che deve essere almeno pari a 3 mensilità.
Un ulteriore rischio riguarda le eventuali agevolazioni contributive. Il mancato o tardato pagamento della retribuzione rispetto ai termini eventualmente previsti dalla contrattazione collettiva può configurarsi come un mancato rispetto della parte normativa ed economica dei contratti collettivi, che risulta essere elemento essenziale ai fini della fruizione delle agevolazioni contributive.
L’impianto normativo attuale subordina l’accesso ai benefici normativi e contributivi previsti dalla disciplina in materia di lavoro e legislazione sociale:
- al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva – DURC;
- all’assenza di violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale, ivi comprese le violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro, nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Sul tema si segnala che la Cassazione (sentenza n. 2112/2016) ha dichiarato legittima la decadenza dal diritto alla fiscalizzazione degli oneri sociali e agli sgravi contributivi qualora le retribuzioni siano state versate con ritardo ai dipendenti, anche se rispettose dei minimi previsti dal CCNL. Il caso verteva sulla posizione di una società che aveva corrisposto la retribuzione ai propri dipendenti in misura non inferiore a quella minima prevista dal contratto collettivo, ma in ritardo rispetto alla scadenza, applicando ugualmente lo sgravio contributivo anche per i mesi in cui la retribuzione non veniva corrisposta.
Fonte IPSOA.it